Certe bandiere non possono essere ammainate. Nemmeno quando il vento contrario soffia forte, a tal punto da rischiare di strapparle, trascinarle via, cancellarle per sempre. Resistono, persino quando c’è aria di tempesta, figuriamoci di fronte alla mollezza di certe ricostruzioni lontanamente verosimili, che finiscono per scontrarsi con la durezza del reale. Nel momento in cui viene messa in dubbio la fedeltà di chi per certi colori ha dato tutto se stesso, allora è necessario intervenire, per obliare versioni non esattamente corrispondenti al vero ed evitare che in qualche modo possa essere riscritta la biografia sportiva di chi per quasi dodici anni i pali del Benevento li ha difesi come se la porta fosse stata sua figlia, di chi è diventato il giocatore con più presenze tra i professionisti nella storia del club sannita, il primo ad aver ottenuto quattro promozioni e l’unico in assoluto ad aver vinto due campionati e un play off in tre categorie differenti (Serie C2, Serie C1 e Serie B).
Il riferimento è a Ghigo Gori che in giallorosso ha marchiato un’epoca, dando valore a ogni singolo momento vissuto con la maglia della Strega. Un monumento intoccabile per tanti tifosi beneventani e che tale resta nonostante la sua figura sia stata per certi versi ridimensionata, magari involontariamente, dal presidente Vigorito. Nel corso della recente conferenza stampa, il suo nome è stato tirato fuori come paradigma di attaccamento alla maglia, ma la risposta del patron a chi ne auspicava il ritorno è stata sorprendente.
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