Roma, 9 giu. (Adnkronos) – L’area riformista presenta il ‘conto’ ad Elly Schlein dopo il risultato non brillante dei referendum. Con due registri diversi, però. I toni duri, a caldo, di Pina Picierno, Elisabetta Gualmini, Filippo Sensi. La scelta della minoranza bonacciniana, si riferisce, è invece quella di evitare di affondare il colpo, valorizzare comunque i 14 milioni che hanno votato e chiedere un confronto, una “riflessione” in Direzione su “quello che serve per vincere le elezioni, su quello che ha funzionato e non funzionato” fin qui. La riunione non è ancora in agenda. Nei prossimi giorni ci sarà una Direzione ma con il bilancio all’odg. Servirà una convocazione ad hoc.
Ma per oggi si è valutato di evitare le uscite a caldo, si spiega, anche per evitare il rischio di andare a fare da grancassa agli attacchi del centrodestra. E di non dare la giusta rilevanza a 14 milioni di elettori che “vanno valorizzati, ben sapendo -si sottolinea- che non sono sufficienti” per vincere le politiche. La posizione dell’area nella lunga nota di Stefano Bonaccini: “Si è mancato l’obiettivo e quando oltre due terzi degli italiani non rispondono è necessario riflettere”, sottolinea il presidente del Pd.
Ma aggiunge: “Fossi nella destra, tuttavia, eviterei certi toni di scherno: pochi o tanti che siano, i circa 14 milioni di elettori che hanno partecipato sono più della somma dei voti di tutti i partiti che sostengono il governo Meloni alle ultime elezioni politiche. Dunque consiglierei di tenerne conto e non deriderli”. Una ‘pacatezza’ che non da tutti, nell’area riformista, è stata osservata. In particolare da quegli esponenti dem che già nelle settimane scorse, con una lettera pubblica, avevano annunciato che il loro dissenso rispetto ai 5 sì sostenuti dalla segretaria Schlein. Tra questi la vicepresidente del Parlamento europeo, Pina Picierno, che mette agli atti via social: “Una sconfitta profonda, seria, evitabile. Purtroppo un regalo enorme a Giorgia Meloni e alle destre.
“Fuori dalla nostra bolla -continua Picierno- c’è un Paese che vuole futuro e non rese di conti sul passato. Ora maturità, serietà e ascolto, evitando acrobazie assolutorie sui numeri”. Il riferimento è alla linea scelta dalla segreteria Schlein di sottolineare come i 14 milioni al voto siano superiori agli elettori che hanno portato Giorgia Meloni a palazzo Chigi che nel 2022 furono 12 milioni e 300mila. Dura l’analisi anche dell’eurodeputata Elisabetta Gualmini: , “Aver mobilitato tutto il partito (democratico), tutti i circoli, tutti i dirigenti su un referendum che doveva ‘correggere gli errori del vecchio Pd’ si è rivelato un boomerang. Un referendum politico contro se stessi”.
Per Giorgio Gori “un autogol prevedibile, che andava evitato. Il Pd si è infilato in una battaglia ideologica, anacronistica, troppo tecnica e quasi incomprensibile ai più, a traino della Cgil e contro la sua stessa storia. Una battaglia controproducente, che ha diviso il fronte progressista e il mondo sindacale. E l’ha persa senza attenuanti”. Ed ancora Filippo Sensi: “Referendum sbagliati, rivolti al passato, hanno portato a una sconfitta tanto più bruciante perché tocca la questione del lavoro, identitaria per il centrosinistra. Se non si allarga, se non si parla al Paese, nella sua complessità e ricchezza e varietà, ma ci si rifugia in risposte testimoniali, minoritarie, non si va lontano”.
Sulla stessa linea Lia Quartapelle: “Per vincere, quello che è stato fatto finora non basta. Evidentemente non basta promuovere battaglie identitarie e di minoranza, che parlano solo a una parte dei cittadini. E non basta regolare i conti con il passato, quando c’è un presente e un futuro che chiedono capacità di analisi e risposte nuove”.